Com’è possibile oggi parlare di pace?

Condividi questo articolo?

di Vittorio Spada

Pubblicità

 

Chi può esporta le guerre fuori dal proprio territorio, altri provocano conflitti nella propria terra auspicando di estenderli altrove: che la “Terza Guerra mondiale a pezzi” sia ormai in corso è opinione diffusa. La Gran Bretagna si tira fuori dall’Unione Europea, però resta nella NATO, un organismo creato per contrastare le mire dell’allora Unione Sovietica, oggi incomprensibile nella sua funzione. Il terrorismo jihadista continua a mietere vittime, la cosiddetta coalizione internazionale non è riuscita e non riesce a mettere la parola “fine” ad una vicenda le cui origini sono ambigue e la cui realtà resta inquietante. L’ultimo attentato all’aeroporto di Instanbul dimostra (qualora fosse stato necessario) che i tentacoli della piovra nera (il Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, capo dell’autoproclamato Stato Islamico ) possono colpire nonostante le sconfitte sul campo.

Pubblicità

Troppi i silenzi su ciò che accade veramente nei Paesi (vicini e meno vicini) dell’altra sponda del Mediterraneo, c’è solo la disperazione di quanti fuggono e cercano di raggiungere l’Europa dopo essere approdati in Sicilia grazie a chi li ha tratti in salvo. Europa “Terra sperata” da nessuno, però, almeno a quel risulta, “Terra promessa”. In un’Europa, attualmente squassata da crisi politiche ed economiche, si vuole accoglienza e integrazione, senza comunque guardare e tentare di comprendere le prevedibili ripercussioni che può provocare un esodo non controllato e, soprattutto, mal gestito.

In un recente documento (apparso su Internet) di un poco conosciuto Ancient Accepted Scottish Rite – Rosae Crucis Ordo Mediterranean Jurisdiction, si legge: “È necessario riflettere sul rapporto Islam-Europa, sulle diverse identità culturali, e sul ruolo dirompente delle migrazioni. Si tratta di questioni di importanza vitale per il presente e il futuro della civiltà europea, del nostro modo di vivere, della democrazia, della libertà di pensiero. Il dilagare delle tante presenze islamiche nei Paesi del Continente, certamente galvanizzato dalle ricorrenti generosissime e non disinteressate donazioni provenienti dai regimi arabi, sta creando una gamma infinita di problematiche di relazione tra diversità confliggenti, convivenze forzate incompatibili, fossati difficili da colmare. Il pericolo non è l’Islam ma coloro che l’Islam usano come strumento di politica spregiudicata e azione aggressiva, dirompente e destabilizzante. L’Islam non può essere identificato con il terrorismo jihadista, ma è su questa spinta che vengono giocati gli equivoci nei quali è facile cadere, ed è contemporaneamente in nome della strumentale “difesa” dell’Islam che si giocano partite politiche invadenti e mistificanti.”

Anche se interessante, è ben strano leggere queste frasi con una provenienza massonica scozzese, mentre chi dovrebbe avere a cuore il futuro dell’Europa tace su queste problematiche.

Ed è lo stesso discorso che può essere applicato per la “pace in Europa” quando nei depositi delle installazioni militari statunitensi sono custodite armi nucleari. Non è strano che sia passato inosservato (o quasi) il convegno tenutosi l’11 giugno scorso nel Convento di San Niccolò a Prato sul tema “Il ruolo della Nato nel corso della terza guerra mondiale a pezzi”, organizzato dal Comitato No Guerra No Nato, Pax Christi, la Comunità le Piagge, l’associazione culturale Mosaico di Pace, l’Unione Suore Domenicane San Tommaso D’Aquino, nel corso del quale è stato lanciato un appello al governo italiano affinché rispetti il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, firmato nel 1969 e ratificato nel 1975, il quale stabilisce Ciascuno degli Stati militarmente non nucleari si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente (Articolo 2). Ciò significa respingere la richiesta degli USA di installare in Italia le bombe atomiche B61-12 (nuova versione delle già esistenti B61-12, circa 70 tra Aviano e Ghedi-Torre e altre in località non note).

Parlare di “pace”? Ma quale “pace” andiamo cercando nelle condizioni in cui versa l’area euromediterranea?

Nelle foto, l’attentato all’aeroporto di Istanbul

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.